Page 9 - Inno: Il Gran Sasso d'Italia
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accolga  e  faccia  valere,  nel  proprio  dettato,  motivi  e  suggestioni  semantiche  che
            scaturiscono dalla terminologia del vocabolario del poeta lombardo. E nell’operazione non si
            potrà non procedere che per assaggi.
            Il primo termine manzoniano che s’incontra già nel terzo verso della prima strofa dell’inno è
            il lemma “vergine” che nell’ode apre, invece, la quarta strofa, mutilato della “e” finale. In
            entrambi  i  casi,  quantunque  nella  diversità  delle  situazioni,  all’ispirazione  poetica
            manzoniana rivendicata nella sua libertà a fronte di speciose adulazioni e di codardi vituperi
            fa  riscontro,  nel  poeta  aquilano,  la  “verginità”  del  “riso  di  natura”  quale  elemento
            caratterizzante del Gran Sasso; in entrambi i casi, si afferma il comune motivo del vigore
            originario.

            Comune motivo che si riscontra anche nel lemma “orme” della seconda strofa dell’inno e
            dell’ode forse non a caso situato, in entrambi i componimenti, in apertura del medesimo
            quarto  verso:  una  insospettata  convergenza  di  calcoli  e  ritmi  poetico  formidabili,  anche
            nell’alternanza del plurale e del singolare (“orma” in Manzoni) a significare nell’un caso e
            nell’altro, il concreto tradursi, sulla pagine e nei protagonisti ( Napoleone e il Gran Sasso),
            già di per sé solenni nei rispettivi modi d’essere, di un’impronta di respiro cosmico, oltretutto
            assicurata dalle specificazioni “simile” in Manzoni e “tanti” in Vicentini.

            Unica divergenza, che però non tocca l’essenza del respiro cosmico, di cui si dice, è l’inserto
            del  tempo,  indeterminato  nel  lombardo  (“né  sa  quando  una  sale/orma”)  determinato
            nell’aquilano (“dove già tanti impressero/l’orme). Ed in questo ricco incontro tra i due poeti,
            nella strofa di cui si dice non si può non registrare la presenza di un altro termine “muta”
            nel Manzoni, “muta”, nel Vicentini ad aprire (nel Manzoni), e a chiudere ( nel Vicentini) la
            strofa, forse anche in questo caso proposto dall’aquilano, il ritmo poetico non si spinge come
            quello del Manzoni, nelle rigogliose prurigini del significante e non esprime al pari di quello
            lombardo, lo stupore attonito del mondo, (per la morte di Napoleone), ma registra solo il
            silenzio fisico di un puro eccelso spettatore.

            Come terzo e ultimo esempio di corrispondenza terminologica tra i due componimenti valga
            un  richiamo,  all’inno  “Pentecoste”.  Si  tratta  del  termine  “immobile,”  almeno  due  volte
            ricorrente nell’inno di Vicentini (nel primo verso della terza strofa e nel primo della decima):
            la roccia che “immobile stette” traduce in nuova immagine quella manzoniana “stette la
            spoglia immemore” del terzo verso della prima strofa, con lo stesso verbo mantenuto nella
            stessa forma al passato, a fronte dell’unica presenza nell’inno del Manzoni. E anche in questo
            caso vi è da dire che l’aquilano non affida al termine in questione altro significato che quello
            “fisico:” “stricto sensu” ( il Gran Sasso immobile), e lo carica di valenza storica che va nel
            cuore del Cristianesimo e nella pace fondata sull’equilibrio portato dalle forze della natura
            alla pace più intima e spirituale e come tale più prossima alla beatitudine celeste.

            A voler mantenere il discorso ancora su questioni strutturali che accomunano i due testi del
            Manzoni con quello del Vicentini, vi sarebbero altre osservazioni da fare come quella relativa
            all’uso che il Vicentini fa delle strutture ternarie manzoniane (“soffri”, “combatti,” “preghi,”
            “scendi,” “crea e rianima,” della Pentecoste: I,6; XII,5; “cadde, risorse  giacque “ del Cinque
            maggio, III,4), slargandole, quelle strutture, che nel lombardo sono solo di natura verbale,
            ad acquisizioni di natura nominale e aggettivale, corrispondenza anche di urgenze dettate
            dal “modello rovesciato,” come si può vedere nelle seguenti citazioni:

                                                 “l’acque, la terra i fior”
                                     struttura nominale del 6° verso della I strofa



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