Page 11 - Inno: Il Gran Sasso d'Italia
P. 11
Vicentini non solo recupera all’attualità del canto la gloria del Gran Sasso, ma sentenzia
anche che ai posteri non è dato altro che “ prendere atto,” per così dire, d’ina gloria
fortificatasi nei secoli, come è ben riscontrabile nella XV strofa:
Ah! Invan tu cerchi asconderti
dei saggi al vivo sguardo!
O vette del Cenisio,
e del lontan Gottardo,
voi testimoni ai posteri
di ben locato ardir!
Con i posteri a recepire, piuttosto che a giudicarla, la testimonianza di un “ben locato ardir”
da parte del Cenisio e del Gottardo, oltretutto nella impossibilità, da part del Gran Sasso, di
un pur tentato nascondimento (invan tu cerchi asconderti).
Una gloria acquisita e come tale consegnata alla storia, piuttosto che una gloria da acquisire
e come tale ancora da modellare nei suoi intimi significati.
Anche ad un rapporto di natura temporale, si può legare, se si vuole, un secondo esempio
giustificativo della tecnica del modello rovesciato, di cui si dice con la differenza –
rovesciamento nel rovesciamento, si direbbe che qui il futuro viene visto dal Vicentini non
più come “luogo” deputato a raccogliere, dunque a custodire, certezze accreditate alla storia,
ma come arca pronta a ricevere nel suo seno, nuove e auspicate possibilità espressive di
vita.
Recita in proposito, con tono profetico, per altro felicemente realizzato, anche “dentro” un
reclamato rapporto tra scienza e fede (e nell’ambito della prima strofa con particolare
interesse per la geologia), la XIX sestina:
E forse un giorno stridere
di fuoco una corrente
udrem tra queste viscere,
quasi fucina ardente,
che nuovo schiuda un tramite
fra l’uno e l’altro mar.
La “fucina ardente” nelle viscere del Gran Sasso ad annodare ancora manzonianimamente,
“l’uno all’altro mar” è oggi una realtà.
Giorno felice! Augurio
Dei popoli Vestini!
Il giorno felice si è compiuto, ma poeticamente e sempre nell’ottica del modello rovesciato,
non si può negare come la sestina riportata, e i due versi iniziali di quella successiva,
decretino squisita, “ontologia dell’attesa” contrapposta ad una accattivante “ontologia della
memoria”: l’una proiettata a slargarsi per accogliere nel suo seno un cumulo di speranze,
l’altra intenta a schiudersi per accogliere un cumulo di memorie, in una comune e tormentata
e più intensa spiritualità.
Ma dove il modello rovesciato fa la prova più alta di sé, fornendo all’essenziale dell’essenza
della poesia di Vicentini, per tramite del presente inno, un “luogo” assai significativo, è nella
contrapposizione disperazione –gioia che praticamente chiude i due componimenti.
11