Page 52 - 20 anni in Congo (2015)
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niamo a casa e resto impressionata dalle donne che passano, ricurve sotto il sole. La
situazione della donna qui è proprio penosa.
A casa ci attende il presidente del Consiglio Pastorale, insieme ad un altro signore,
offriamo loro del caffè, mentre ci comunicano alcune notizie internazionali sentite
alla radio questa mattina. Uscendo vediamo una fila di persone che portano all'ospe-
dale una giovane tremante su una stuoia: ha la febbre alta, è malaria.
Arriva P. Domenico e ci dice che Gildas è in ospedale perché questa mattina si è fatto
male alla gamba con la motosega nel laboratorio di Frà Nando. Intanto tornano Sr. M.
Ester e Sr. M. Betty, pranziamo e andiamo a riposare. Alle 15.00 recitiamo il rosario,
poi Sr. M. Emerenziana va in Parrocchia, Sr. M. Betty resta in casa con le ragazze che
vengono il pomeriggio ed io e Sr. M. Ester andiamo a visitare Gildas all'ospedale.
L'ospedale è qualcosa di inimmaginabile. Se uno si ammala gli danno solo una rete
sorretta da dei pali impressionanti. La famiglia deve pensare a tutto; stuoia o mate-
rasso, medicine, cibo, acqua e luce. In questo luogo chiamato ospedale, infatti, man-
cano acqua e luce dentro le cosiddette "camere", le famiglie portano qualche secchio
d'acqua, ecc. Incredibile. Per il vero io pensavo che ci fosse la luce, perché la sera
vedevo sempre un po' di luce, invece Boris, più tardi, venendo a prendere il petrolio
per la lampada di Gildas mi ha spiegato che chi vuole vedere deve portarsi la lampada.
Incredibile! Che cosa può fare un ospedale senz'acqua e senza luce? Eppure ci sono
circa sessanta malati.
Verso le 17 .45 ci sediamo fuori casa con le ragazze per imparare insieme il Padre No-
stro e l'Ave Maria in Lingala, ad un tratto vediamo correre dei ragazzi e riusciamo a
vedere Gildas. Che è successo? Gildas sentiva il bisogno di lavarsi, allora lo hanno
preso dall'ospedale, e portandolo sul dorso sono arrivati a casa, lo hanno fatto lavare
e poi tutti insieme lo hanno riportato all'ospedale. Sui nostri volti è stato evidente lo
stupore ed una delle ragazze che stava con noi ha detto: "Il Congo è un paese povero".
Entriamo in casa perché è arrivata Sr. Alisa con i fiori per la cappella, ma un ragazzo
viene subito a chiamarla per P. Domenico il quale avverte i sintomi della malaria. Più
tardi passa anche P. Domenico, sta male, ma non si abbatte. Intanto, continuando il
discorso sull'ospedale apprendiamo che è anche senza bagni, ci sono solo due latrine
esterne, una per gli uomini ed una per le donne, indescrivibili.
È notte, recitiamo i Vespri, facciamo la meditazione, poi ceniamo ed andiamo a riposare.
Makoua 24 novembre1995 - Sr. M. Ester e Sr. M. Betty vanno con i bambini in parrocchia,
che più tardi vengono a casa in comitiva, cantando, mentre si dirigono verso il fiume.
Offriamo acqua, caramelle e biscotti e poi, via. Sono bambini veramente poveri. In-
tanto Sr. M. Emerenziana va con P. Giambattista a fare una ripresa in giro per Makoua,
in modo da farla conoscere in Italia. Passa anche Sr. Claire di Owando che va ad ac-
compagnare una donna all'ospedale. Più tardi viene a pranzo con noi. Parliamo dei
progetti futuri e le consegniamo la domanda da far firmare al Vescovo e da presentare
a Propaganda Fide. Lei riparte dicendo che farà del tutto per far venire domani il Ve-
scovo Mons. E. Kombo che questa sera arriverà ad Owando.
Sono le 14.30 ed io mi avvio verso la Parrocchia perché alle 18 dobbiamo parlare con
l'Italia, senza aver però risolto il problema della radio. Sr. M. Ester resta in casa perché
ha la febbre, la fatica di questa mattina si fa sentire. Sr. M. Betty mi raggiunge in par-