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prima di guardare lontano dobbiamo guardare a Dio come periferia. Ci sono periferie che fanno
             paura: la fragilità umana; la scomparsa degli adulti, tutti vogliono rimanere giovani, ma i giovani
             perdono la loro identità perché non hanno un riferimento fiducioso. La vita consacrata deve ave-
             re il coraggio di uscire da sé per rispondere alle esigenze del tempo senza dire: “si è fatto sempre
             così”. Ringrazio la madre che mi ha fatto partecipare al convegno e dico: la mia fragilità è una
             periferia, la società in cui vivo ha una periferia, quali sono le periferie del mio istituto?
                                                          Suor M. Zita Assime

             Ho avuto la fortuna di partecipare al Convegno delle juniores tenutosi a Sacrofano (Roma): i ter-
             mini ricorrenti molto pregnanti del primo giorno sono stati “Seguire e Servire “ seguendo ciò che
             dice Mc15,40-41 “Se uno mi vuol servire mi segua e dove sono Io sarà anche il mio servo”. Si
             può servire solo per amore, se non c’è l’amore personale che stimola l’agire non si riesce a servi-
             re. C’erano anche alcune donne che stavano ad osservare da lontano, Maria di Magdala, Maria
             madre di Giacomo il minore e di Josè e Salome che lo seguivano e servivano quando ancora era
             in Galilea e molte altre che erano salite con Lui a Gerusalemme. Seguire il Cristo significa andare
             dietro a Lui. Quando uno decide di seguire il Signore non si ferma alla realtà della Croce ma in-
             tende arrivare fino alla gioia della Resurrezione. Gesù non mi vuole servo perché il servo non sa
             cosa fa il suo padrone, ma mi vuole suo amico perché solo l’amico conosce i segreti del proprio
             padrone. La vita consacrata è una sfida alla cultura edonistica ricorrente che consiste innanzitutto
             nella pratica religiosa della castità perfetta quale testimonianza della potenza dell’amore di Dio
             nella fragilità della condizione umana. La persona consacrata testimonia che quanto è creduto
             impossibile dai più diventa, con la grazia del Signore Gesù, possibile e autenticamente liberante.
             Sì, in Cristo è possibile amare Dio con tutto il cuore ponendolo al di sopra di ogni altro amore, ed
             amare così con la libertà di Dio, ogni creatura. In realtà prima di essere un servizio per i poveri,
             la povertà evangelica è un valore in se stessa. Il suo primo senso, infatti, è testimoniare Dio co-
             me vera ricchezza del cuore umano. Solo con la propria volontaria partecipazione si può amare
             Cristo  rinunciando  alla  propria  volontà  per  poterlo  seguire  facendo  propria  la  Sua  volontà.
             L’obbedienza  che  caratterizza  la  vita  consacrata  ripropone  in  modo  particolarmente  vivo
             l’obbedienza di Cristo al Padre e proprio partendo dal suo mistero che testimonia che non c’è
             contraddizione tra obbedienza e libertà, in effetti, l’atteggiamento del figlio svela il mistero della
             libertà umana come cammino di progressiva conquista alla vera libertà. Le doti femminili per vi-
             vere in profondità il discepolato sulle orme di Cristo Gesù sono: il senso della maternità spirituale
             inteso come capacità di saper generare secondo lo spirito; il celibato per il regno dei cieli è frutto
             non solo di una scelta ma di una speciale grazia da parte di Dio. Le donne consacrate sono chia-
             mate a svegliare il mondo la cui specificità è custodire l’intimità con Dio e il rapporto con gli altri.
             Dio continua a rivelarsi, noi dobbiamo imparare a leggere la nostra realtà, rinnovare la consape-
             volezza che siamo chiamate a vivere la nostra speranza e testimoniare l’eterna giovinezza di Dio.
             Papa Francesco commentando le parole di Mt 28,16-20 “Andate dunque e fate discepoli tutti i
             popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo rimarca che in questo
             “andate” di Gesù sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuove della missione evangelizzatrice
             della Chiesa e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni co-
             munità qualunque sia il cammino che il Signore chiede, è invitato ad accettare questa chiamata:
             uscire dalla propria comodità ed avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bi-
             sogno della luce del Vangelo. L’espressione “periferia” indica così ogni luogo che ha bisogno della
             vita e della luce del Vangelo. Il rinnovamento dello spirito missionario deve spingere ogni comu-
             nità cristiana “verso le periferie” del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali [….] lì
             dove maggiormente manca la vita e la luce del Risorto. Tutti i cristiani animati da buona volontà
             sono chiamati a prendersi cura dei più fragili della terra. Ringrazio la Madre che mi ha permesso
             di fare questa bella esperienza e con questo mio scritto ho voluto condividere con le altre la ric-
             chezza che mi è stata donata. Grazie Madre.
                                                                  Suor M. Carnove  Eyondo





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