Page 23 - 20 anni in Congo (2015)
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pioggia torrenziale, un letto di fiume di sabbia. Quando piove in Africa le gocce d'acqua
       sono grandi e smuovono tutta la sabbia compressa della strada. La gioia più grande l'ho
       provata quando siamo arrivate a Makoua, condotte da una jeep che ci aveva prese al
       capolinea dell'Ocean. I sorrisi e il brio negli sguardi di Sr. Emerenziana, Sr. Ester e Sr.
       Betty hanno dissolto in un soffio le traversie del viaggio.


       Sr M. IRENE PASSI

       Dopo quattro viaggi in Congo posso dire che le sorprese non finiscono mai, che le
       conoscenze e le meraviglie sono all'ordine del giorno e gli imprevisti sono motivo di
       stupore, ma anche di riflessione.
          Le strade, nonostante i miglioramenti, sono sempre un'incognita ed un'avventura;
       i panorami sono sempre suggestivi e ad ogni curva ti offrono la possibilità di stupirti
       e di estasiarti.
          Quando s'inizia il viaggio da Brazzaville per Makoua e viceversa, il primo pensiero
       è quello di affidarti alla Divina Provvidenza; secondo pensiero è quello di non avere
       fretta, il tempo non è calcolabile; terzo pensiero è di avere gli occhi ben aperti, altri-
       menti rischi di non fissare nella mente un particolare unico e irrepetibile.
          Man mano che si procede da Brazzaville si passa dal panorama caratteristico della
       savana ad un avvicinarsi lento ma deciso verso la foresta equatoriale, e con la foresta si
       avvicendano piogge, fango, alberi dalle fronde enormi e dai tronchi altissimi e ti senti
       un nulla di fronte a questa natura sempre più ricca e sempre più maestosa, ti trovi ad at-
       traversare fiumi su ponti costruiti con due tronchi e ti chiedi come possa l'autista essere
       così equilibrista, ma la cosa che ti stupisce di più è che tu ti fidi e vai avanti tranquilla.
          Ai bordi della strada si  vedono termitai altissimi, che sono lì come montagne di
       sabbia spuntate non si  sa come; dietro una curva, in una strada che sembra deserta,
       ecco spuntare un villaggio, poche capanne fatte di fango e tanti bambini che si rincor-
       rono felici, mentre i vecchietti sono seduti sotto un grande albero e guardano con cu-
       riosità i pochi viaggiatori che passano; tutti ti salutano con gesti e con grida di gioia
       e, se per caso ti fermi per una qualsiasi necessità, vedi spuntare uomini e donne di-
       sponibili a darti una mano.
          Ciò che sempre mi stupisce nei miei viaggi è l'estrema povertà materiale di queste
       persone, che vivono con niente, ma hanno una carica umana che sorpassa ogni nostra
       immaginazione, stando a contatto con loro si  ritrova il  vero valore della vita, si  di-
       menticano le tante cose superflue di cui non sappiamo fare a meno e ci  si  ricorda di
       essere persone fortunate.
          Dopo il mio primo viaggio ripetevo a me stessa e a chi mi  chiedeva notizie "ciò
       che a noi sembra indispensabile lì non esiste" e in effetti nel 1999 il pane non esisteva,
       nessuno lo conosceva; l'acqua era un bene prezioso e per procurarsela bisognava fare
       chilometri e non era del tutto potabile; la luce non esisteva, alle sei la mattina era
       giorno, alle sei la sera era notte, poi bisognava accendere la lampada a gasolio.
          Oggi qualcosa è migliorato, ma la povertà resta comunque una realtà che ti lascia
       riflettere e ti fa sentire impotente; l'umanità, il contatto umano, invece, sono una ric-
       chezza che noi del nord del mondo non abbiamo, o abbiamo perso da molto tempo.
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