Page 38 - Piero Gasparini - La "mia" Bolivia
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Nella mia mente si affollano infiniti ricordi. La cronaca del primo
viaggio in Bolivia – che ho pubblicato qui all’inizio del volumetto - è certo
la più genuina.
La mia memoria boliviana è ad Hardeman e alla vita nei luoghi della
foresta amazzonica boliviana che videro la presenza diretta e costante di
Don Remo.
Pensare ad Hardeman significa per me vedere Madre Albina, Madre
Grazia e Madre Anna. Senza voler dimenticare – e mi scuso della non
citazione – l’impegno immenso di tutte le altre Misioneras che ho
conosciuto, nessuna esclusa.
Hardeman mi coinvolge e mi sconvolge. Se penso a quei 200 km da
Santa Cruz fino alla tomba di Don Remo, non vedo altro che polvere
immensa o immensa alluvione. Quando non piove si alza un polverone
lungo quel sentiero-strada percorso da camiones che portano soia e riso.
Quando sei dietro ad uno di loro devi sempre farti il segno della croce
perché è come essere in un deserto in mezzo ad una tempesta di sabbia.
Non vale né andar piano né fermarsi (sia su un “micro” che su un
fuoristrada) perché in entrambi i casi devi affidarti alla volontà divina che
dice che non c’è ostacolo sia davanti che dietro al mezzo su cui viaggi.
Devi portare un fazzoletto sulla faccia perché la polvere ti entra e ti
avvolge da ogni dove. E ti riempie ovunque. Diventi di sabbia. Bisogna
avere il cuore saldo perché qui l’infarto ti coglie ogni minuto di quelle
quattro, otto, dodici ore che puoi impiegare per giungere in quel posto un
tempo così lontano dalla mente oggi così impossibile da dimenticare.
E se piove (e là piove tutti i giorni in qualsiasi tratto del percorso) non
c’è verso di proseguire. Il “micro” (il pullmino) o non parte da Santa Cruz
o si ferma a Minero o a Montero o in qualsiasi villaggio o in qualsiasi
punto lungo quella strada infinita, perché i grandi fiumi affluenti del Rio
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