Page 29 - Piero Gasparini - La "mia" Bolivia
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ha piovuto, non si passerà, ma non si può stare nell’incertezza. Bisogna

       partire. Io e Gianbattista prendiamo due sedie e ci mettiamo nel prato a

       combattere con le zanzare. Tanto abbiamo preso l’anti... tutto. Gli altri

       amici ci prendono in giro. È l’una e trenta. Qualcuno si butta per terra,

       dentro la stanza dell’“oratorio” costruita da Padre Remo, e fa finta di

       dormire. Arriva il fatidico clacson, sono le due e trenta. Impieghiamo tre

       minuti a salire sul “micro”. Il “Cioli” ne impiega quattro perchè deve

       tenersi in mano i pantaloni che non è riuscito ad allacciarsi in tempo. Ci

       sono quindici... sedili. Siamo in undici. E comincia il viaggio più

       drammatico ed incredibile della mia non breve esistenza. Il micro si ferma,

       dopo una strombazzata, un po’ dappertutto. Dalla foresta escono a uno, a

       due, a tre alla volta gli indios, salgono. Finiscono di tirarsi su i pantaloni.

       “Señora, la gonna...”: le era caduta. I sacchi un po’ alla volta si

       accavallano. Io ho le mie brave galline in mezzo ai piedi. Meno fortunato

       l’Achille (l’Achille Foccoli, il Sindaco di Lodrino, l’ “Alcalde”), vicino a

       me, che passa la notte e gran parte della mattinata a sollevare da terra

       prendendoli per i capelli dei piccoli indios di cui la mamma sembra non

       curarsi affatto. Poi c’è la signora che ogni mezz’ora, almeno così mi pare,

       si mette ad allattare il piccolo. Ne sale una, di quelle signore grandiose, che

       si siede vicino al Cioli: lo “soffoca”, resterà bloccato per sei ore, senza

       fiatare, schiacciato dalle generosità e dai profumi naturali della signora.

       Sale, a un certo punto, anche l’indio visibilmente drogato - per la fatica - e

       continua a parlarci assieme. Ci disturba, pensa l’autista. Lo prende, ferma

       il micro, lo scarventa giù con la tranquillità più assoluta, nel buio della

       foresta, senza pensarci due volte. Dobbiamo dire grazie? No, stiamo in

       silenzio. Ora siamo sommersi dai campesinos sul micro. Non ci vediamo

       più fra noi. Ogni tanto ci teniamo chiamati usando i termini dialettali più

       assurdi, grossi e grassi...

             Altra fermata. Ma dove si mettono questi? Non c’è posto per respirare.

       Eppure ci stanno. Strani movimenti sopra il tetto del micro. Che si siano






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