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Le parrocchie si “reinventano” per combattere il COViD19

             Parroci suore e catechisti danno il via ai social, a whats App,  a bacheche on line a piattaforme e
             la Chiesa entra nelle famiglie. E soprattutto papa Francesco non ci lascia soli:

             “......siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto
             di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e neces-
             sari, tutti chiamati a remare insieme, ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno
             per conto suo, ma solo insieme, aprendo nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà….

             “ ...Noi tutti siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto, ...Non ci siamo
             fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie,
             non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo pro-
             seguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato…

             ….ma la pandemia non è un castigo di Dio, è forse un peccato sociale, che costringe tutti a risco-
             prire quella benedetta appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza
             come fratelli.

             Mc  4,35...È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l ’at-
             teggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa,
             proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Dorme sereno, fiducioso
             nel Padre. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai disce-
             poli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?

             La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze
             con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci di-
             mostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà for-
             za  alla  nostra  vita  e  alla  nostra  comunità.  La  tempesta  pone  allo  scoperto  tutti  i  propositi  di
             “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di ane-
             stetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di
             evocare  la  memoria  dei  nostri  anziani,  privandoci  così  dell’immunità  necessaria  per  far  fronte
             all’avversità.

             Perché avete paura? Non avete ancora fede?». In questa Quaresima risuona il tuo appello urgen-
             te: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tem-
             po di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il
             tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che
             non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri.

             Perché avete paura? Non avete ancora fede?. L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza.
             Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli an-
             tichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le no-
             stre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa
             naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le
             cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

             Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce sia-
             mo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affin-
             ché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo
             patendo  la  mancanza  degli  affetti  e  degli  incontri,  sperimentando  la  mancanza  di  tante  cose,
             ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi.

             Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo
             presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per da-
             re spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare.

             Signore,...ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Si-
             gnore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (M t   28,5).  E
             noi,  insieme  a  Pietro,  gettiamo  in  Te  ogni  preoccupazione,  perché  Tu  hai  cura  di  noi  (cfr  1
             Pt 5,7).
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