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A fondamento di ogni cammino è fondamen-
tale un nuovo slancio di santità: liberarsi dal
proprio io, uscire da sé stessi. E’ un movimen-
to che si declina nelle virtù teologali. La santi-
tà è fede vera e vissuta come abbandono in
Dio, la santità è speranza, cioè cammino vis-
suto sempre nella fiducia. La santità è carità:
è uscire dalla preoccupazione per se stessi e
mettere la propria vita nelle mani degli altri.
Vita spirituale non significa solo vita di pre-
ghiera, ma vita “abitata dallo Spirito”, così
“spiritualità vuol dire l’insieme degli atteggia-
mento fondamentali che caratterizzano il no-
stro stile di vita e il nostro modo di relazionar-
ci con gli altri. I pilastri della nostra spirituali-
tà: la consapevolezza del dono che abbiamo
ricevuto che è sempre assai più grande e più
vero dell’offerta che abbiamo fatto della no-
stra vita; la convinzione che la nostra vita sta
dentro una promessa del Signore, che è certa,
per noi, a dispetto della nostra fragilità e che
la nostra vita affidata al Signore sta meglio
nelle sue mani che nelle nostre. La consolazio-
ne che nella vita e nel mondo noi non siamo
un io isolato dagli altri, ma ci compiamo in un
noi, il vero nostro problema non è sapere chi
siamo ma per chi siamo e la determinazione
non solo a riconoscersi sempre nel noi, ma
anche a perderci in esso. Viviamo un momen-
to di cambio epocale, non è più sufficiente un
cambiamento di mentalità, occorre una
“mentalità di cambiamento”. Non dobbiamo
avere paura di cambiare. Il punto non è
preoccuparsi di mantenere le stesse forme,
ma mantenere e possibilmente rinvigorire lo
stesso spirito e gli stessi buoni intenti. Dobbia-
mo costruire una nuova vita fraterna in cui gli
elementi umanizzanti ed evangelici trovino
equilibrio affinché ciascuno si senta corre-
sponsabile e al tempo stesso sia riconosciuto
indispensabile per la costruzione della frater-
nità. In questo nuovo tipo di fraternità trova
spazio il Carisma che ci chiama ad essere in-
novativi, collaborativi e generativi, ovvero
uscire da ogni tipo di autoreferenzialità cari-
smatica, organizzativa, istituzionale e aprirci
semplicemente all’altro, che è diverso da noi,
in nome del bene da continuare a fare. L’altro
che non è esattamente lo specchio di me stes-
so, ma è qualcuno diverso da me. Cioè sen-
tirmi il tu di qualcuno e non l’io di me stesso.
Siamo entrati nel tempo del tu. Siamo convo-
cati ad allearci con altri. Ciò che va custodito
il fuoco, non vanno adorate le ceneri. Bisogna
custodire, non adorare ciò che è già finito;
custodire insieme il valore che va trasmesso
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