Page 54 - Piero Gasparini - La "mia" Bolivia
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Il carcere femminile invece è meno terrorizzante, ma umanamente più

          tragico. Le donne prigioniere qui vengono trattenute come se vivessero in

          un villaggio ed, infatti, ognuna ha la sua “abitazione” più o meno povera o

          più o meno decorosa a seconda delle sue possibilità economiche. Chi ha

          figli li tiene con sé in  carcere, in “famiglia” e si crea una comunità vera e

          propria. Se non avessi saputo di essere dentro un recinto avrei potuto

          benissimo pensato di essere in una povera periferia di Santa Cruz od in un

          villaggio dentro la foresta. Ed è soprattutto qui che l’opera di Madre

          Alessandra si sviluppa. Le carcerate lavorano a cucito, a disegno, a ricamo,

          a lavoretti vari che vengono portati e venduti all’esterno, dando la

          possibilità di vivere meglio dentro la comunità del carcere. Mi ero chiesto

          cosa poteva accadere alla “abitazione” della carcerata quando lasciava il

          carcere. Semplice: si vende o si affitta la casa a chi arriva e ne ha bisogno,

          perché chi non affitta o compra le sue stanze dovrebbe stare all’aperto. Il

          carcere femminile non ha un tetto.  Oggi ovviamente, a qualche anno di

          distanza, qualcosa ovviamente è cambiato, ma non la miseria e la

          disperazione dei più poveri e dei più bisognosi.







               A Santa Cruz de la Sierra c’è l’altro hogar costruito dalla solidarietà

          italiana dello “Zecchino d’Oro”: appunto la Casa del Sorriso di Mariele.

          L’ho visto costruire. L’ho visto sorgere e poi ospitare assai affettuosamente

          fino a 140 piccolissimi tesori. Qui, con il grande cuore delle Misioneras

          guidate da Madre Diomira, hanno trovato il loro nido bimbe anche di

          quattro, cinque anni e fino all’età adolescenziale.

               Le più grandi aiutano le Suore ad accudire alle più piccole. Fanno loro

          da sorelle maggiori e da mamme. Sono tutte orfanelle o abbandonate o

          appartenenti a famiglie di estremo bisogno.

               Quando entri all’hogar ti si fanno incontro, ti prendono per mano, ti

          salutano e il cuore ti salta in gola.






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