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RICORDO DEL MIO PRIMO VIAGGIO

                             NELLA VITA E NELLE OPERE


                       DI PADRE REMO PRANDINI VIOTTI


                                    IN TERRA DI BOLIVIA















                   a anni se ne parlava, sicuramente da dopo la morte di Padre

                   Remo, da quel dicembre del 1986 allorché proprio il giorno di

       DNatale un canalone d’acqua, ingrossato dalle quotidiane piogge

       tropicali, consegnò a Dio l’anima e il corpo di un lodrinese per noi

       diventato affascinante e misterioso allo stesso tempo.

             Tornava in Valtrompia assai raramente, per la verità.

             Personalmente l’ho incontrato una sola volta, a cavallo degli anni

       Ottanta. Raccontava tutto e niente, soleva ripetere ai suoi amici: “È inutile

       che vi dica, bisogna vedere”.

             Ed abbiamo visto - ma senza di lui - ciò che lui ha fatto, ciò che per lui

       si è realizzato, ciò che di lui ad oltre sette anni dalla sua morte tutti là

       dicono.







             Là, ad Hardeman: un nome storpiato di una località molto più lontana,

       oggi qualche centinaio di capanne poste intorno ad una “piazza”, la piazza

       Padre Remo Prandini Viotti, con il suo monumento, con lo steccato intorno

       a difenderlo dagli animali che mangiucchiano volentieri i fiori che ogni

       mattina mani ignote e silenziose depongono ai piedi del bronzo che la

       sorella Valeria là ha mandato.







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